La mafia è parte della storia italiana, ma è anche diventata un soggetto frequente nella cultura popolare. Dalle pietre miliari del cinema internazionale come Il Padrino e Scarface, fino alle serie televisive italiane come Gomorra, Suburra o Romanzo Criminale, la rappresentazione della criminalità organizzata ha catturato generazioni di spettatori. Eppure, ogni racconto ha un impatto. E quando la mafia viene raccontata senza contesto, rischia di diventare intrattenimento, o peggio, mito.

Il fascino del male: un rischio sottile ma reale

Perché ci affascinano le storie di criminali? La risposta è semplice: sono piene di tensione, potere, conflitto. L’antieroe – figura chiave nella cultura pop – seduce perché rompe le regole e conquista ciò che vuole. Il problema nasce quando quel fascino prende il sopravvento sulla realtà. I boss mafiosi non sono eroi moderni, nonostante a volte le narrazioni li presentino così.

Un personaggio come Pietro Savastano (Gomorra), con la sua freddezza e il suo codice d’onore, rischia di diventare un’icona, un modello da emulare, soprattutto per i più giovani. Lo dimostrano alcuni casi di cronaca: ragazzini che imitano i modi, i gesti, il linguaggio dei personaggi. Questo non significa che quelle storie siano da censurare, ma che debbano essere accompagnate da consapevolezza.

Nuovi linguaggi: i podcast e la verità che emoziona

C’è però un altro modo di raccontare. Negli ultimi anni, i podcast stanno contribuendo a rinnovare la narrazione antimafia. Formati seriali come Maxiprocesso, Le Verità Sommerse, o Io ero il milanese permettono di affrontare con profondità i fatti, le persone, le dinamiche che hanno segnato la lotta alla criminalità organizzata.

La voce diventa strumento di empatia, il suono aiuta a costruire un’immersione autentica nei contesti. Questi racconti non glorificano, ma chiariscono. Non abbelliscono, ma denunciano. Il podcast, proprio per la sua natura intima e riflessiva, può essere una leva potentissima per formare, sensibilizzare, ispirare.

Anche nelle scuole, sempre più docenti utilizzano podcast e documentari come strumenti didattici per avvicinare i ragazzi a temi complessi come legalità, giustizia, etica pubblica.

Spirito critico, partecipazione e memoria attiva

Il punto non è smettere di guardare film o ascoltare storie di mafia. Il punto è farlo con spirito critico, sapendo che ogni rappresentazione è una scelta, e ogni scelta costruisce significato. Serve imparare a distinguere tra finzione e realtà, tra denuncia e spettacolarizzazione.

Anche i social network giocano un ruolo fondamentale: meme, video, clip fuori contesto possono banalizzare la violenza o trasformarla in intrattenimento virale. Per questo, l’educazione ai media deve andare di pari passo con l’educazione alla legalità.

Raccontare per cambiare: una cultura della legalità possibile

La lotta alla mafia non si combatte solo con le inchieste o nei tribunali, ma anche con le parole, le immagini, le storie. La cultura pop ha un potere enorme di influenzare immaginari e coscienze. Se usata bene, può diventare uno strumento prezioso per rompere il silenzio, costruire memoria, ispirare impegno.

Per le nuove generazioni, questo è un passaggio chiave: scegliere cosa raccontare e come farlo può essere un atto di coraggio, un gesto politico, una forma concreta di resistenza civile.

Ascolta il nostro podcast

Se questo tema ti interessa, allora puoi ascoltare: “Con passione e fermezza“, il podcast realizzato dagli studenti dell’Istituto Comprensivo “Enrico Fermi” di Matera, in collaborazione con Streamiotica.
Disponibile su Spotify, Apple Podcast, YouTube e tutte le principali piattaforme di streaming.

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