Un manifesto per un’umanità connessa
La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani fu approvata nel 1948, in un mondo appena uscito dalla guerra, dove le priorità erano la pace, la ricostruzione e la dignità umana di base.
Non esisteva internet, nessuno aveva mai visto uno smartphone e la parola “algoritmo” era confinata ai manuali di matematica.
Oggi viviamo in un pianeta iperconnesso, dove la nostra identità è metà fisica e metà digitale, e dove le sfide alla libertà non arrivano solo da governi autoritari, ma anche da aziende tecnologiche, piattaforme social e intelligenze artificiali.
Se dovessimo riscrivere la Dichiarazione oggi, cosa cambierebbe?
Diritto alla privacy digitale
Nel 1948 non serviva spiegare che la corrispondenza privata non doveva essere letta da terzi. Oggi, quel principio deve estendersi a dati di navigazione, cronologia di ricerca, conversazioni via chat e persino informazioni biometriche.
Il diritto alla privacy oggi significa poter controllare come i nostri dati vengono raccolti, usati e conservati, senza che questo diventi una battaglia persa in partenza.
Diritto a un’interazione trasparente con l’IA
Viviamo già in un mondo dove decisioni importanti – assunzioni, concessioni di credito, priorità sanitarie – possono passare attraverso algoritmi.
Un diritto umano aggiornato dovrebbe garantire che ogni cittadino possa sempre sapere quando sta interagendo con un’intelligenza artificiale, con processi automatizzati sempre spiegabili e contestabili, e dovrebbe garantire che nessuno venga penalizzato per scelte opache prese da un software.
Diritto alla mobilità e cittadinanza digitale
La Dichiarazione del 1948 riconosceva il diritto a lasciare il proprio Paese e tornarvi. Oggi si dovrebbe aggiungere il diritto ad avere una “cittadinanza digitale”, per accedere a servizi, opportunità e partecipazione politica anche a distanza, superando barriere geografiche e burocratiche.
Libertà di espressione… difesa dall’odio
Se la libertà di parola resta un cardine, oggi va bilanciata con la protezione dagli abusi online.
Non basta dire “puoi parlare liberamente”: serve garantire che nessuno venga zittito o isolato da campagne di odio coordinate, che possono distruggere reputazioni e intere vite.
Diritto all’alfabetizzazione digitale
Nel 1948 l’istruzione era pensata per combattere l’analfabetismo letterale. Oggi l’urgenza è combattere quello digitale: saper distinguere una notizia da una bufala, proteggere la propria identità online, comprendere come funzionano gli strumenti che usiamo ogni giorno.
Perché riscrivere i diritti non è tradirli
Rivedere la Dichiarazione Universale non significherebbe abbandonare i principi del 1948, ma tradurli in un linguaggio che funzioni per il nostro presente.
I valori di dignità, uguaglianza e libertà sono gli stessi: è cambiato il terreno su cui devono essere difesi.
Un possibile articolo 31
Se potessimo riscrivere questo articolo, noi ce lo immagineremmo così.
“Ogni persona ha diritto a esistere e agire, fisicamente e digitalmente, in uno spazio libero da sorveglianza ingiustificata, manipolazione algoritmica e esclusione tecnologica.
Ha diritto a conoscere e comprendere gli strumenti che la influenzano, e a partecipare pienamente alla vita della comunità globale, online e offline”.
Non è solo un aggiornamento giuridico: è una mappa per navigare il futuro.
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Se questo argomento ti ha incuriosito, ascolta il nostro podcast: “Di lotta e di pace“, con Angela Loperfido.
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In copertina: Foto di Lex McKee (Flickr) – CC BY-NC 2.0